Il percorso di crescita sostenibile delle concerie italiane

Intervento di Fulvia Bacchi, Direttore UNIC

Apparso su CPMC 3/2023

Da un lato l’innovazione costante e la capacità di anticipare i trend del mercato grazie ad un intenso percorso di ricerca, dall’altro la dimensione artigianale, cuore dei processi di lavorazione, esaltata proprio all’interno di nuovi paradigmi produttivi: l’industria conciaria italiana è anche questo, una realtà riuscita a diventare modello internazionale per il comparto grazie all’impegno per l’innovazione sostenibile. È un’industria consapevole da sempre che solo l’approccio responsabile verso l’ecosistema avrebbe potuto garantire stabilità e possibilità di crescita. Su questa consapevolezza la concia italiana si è strutturata.

 

Circa 18 mila addetti, 1.100 aziende, e un fatturato annuo medio di 4 miliardi di euro: questi alcuni numeri della conceria italiana, la cui leadership, riconosciuta a livello globale, si fonda proprio su un approccio consapevole e sostanziale verso la circolarità. Non solo la concia riesce a recuperare e valorizzare uno scarto dell’industria alimentare facendone prodotto di pregio. Gli stessi processi di recupero degli scarti conciari sono un interessante caso applicativo di bioeconomia circolare. Pensiamo alle biomasse organiche che originano dalla lavorazione della pelle da cui si ricavano idrolizzati che possono avere diverse applicazioni e reimpieghi in vari cicli produttivi, dall’agricolo all’edile, dalla cosmesi alla farmaceutica, dalla nutriceutica alla cartotecnica.

Recupero e riuso di materiali, razionalizzazione delle risorse: tutti gli scarti conciari che si configurano come sottoprodotti di origine animale sono recuperati, così come la gran parte dei rifiuti, mediamente il 77,4%. Numeri che fotografano un comparto che fa della sensibilità verso l’approccio eco-sostenibile un cardine irrinunciabile, con l’attività di ricerca che gioca un ruolo centrale. Sia a livello di singole aziende, che di realtà distrettuali, sia come attori autonomi che in sinergia con altre realtà dell’intera filiera della moda, le concerie non hanno mai rallentato i propri investimenti in ricerca e innovazione e continuano in questa direzione coniugando evoluzione di processi e prodotti e sensibilità verso la tematica della circolarità. In questa direzione, restano fondamentali le simbiosi industriali in continua evoluzione nei territori a vocazione conciaria, soprattutto per quanto concerne il recupero e la valorizzazione di scarti e rifiuti e il trattamento dei reflui. Così come fondamentale è il dialogo con gli altri players della filiera della moda, e con le realtà impegnate nella ricerca, per arrivare ad adottare strumenti condivisi che consentano una rigorosa misurabilità degli impatti.

Dall’ aggiornamento dei processi produttivi attraverso investimenti in ricerca agli approcci sistemici per le filiere di riferimento, la concia italiana vuole preservare una lavorazione di qualità frutto anche della massima sensibilità verso l’ambiente, a partire dalla naturalità del materiale. La pelle è un materiale durevole, realizzato con materia prima recuperata, spoglie animali, e recuperabile in quanto tale e come componente di manufatti finiti. A partire dalla lavorazione di questo materiale, l’industria conciaria italiana ha compreso con largo anticipo che operare in sintonia con l’ecosistema rappresentasse il valore aggiunto della produzione, oltre che essere l’unica direzione percorribile per un’industria sana.

Come UNIC continueremo a sostenere le nostre aziende in questo percorso di valorizzazione dell’approccio industriale responsabile verso l’ambiente, aperti alle nuove opportunità che scienza e ricerca offrono per incrementare le performance del comparto, a vantaggio dell’intero sistema della moda e dell’industria del Made in Italy.

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La mostra “La Casa del Guanto” sarà visitabile presso il Museo della Moda di Napoli – Fondazione Mondragone dal 19 gennaio al 12 marzo 2024.

 

Per info e prenotazioni: https://museodellamodanapoli.com/

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