Alla fine degli anni ’90 il settore conciario e quello degli utilizzatori del cuoio si sono impegnati nella produzione di una serie di documenti normativi nei quali veniva introdotto il concetto di “idoneità all’uso” per i differenti campi di applicazione.
Attraverso tali norme, dunque, i due settori hanno stabilito “consensualmente” un livello qualitativo minimo del prodotto “cuoio” che, se non rispettato, si sarebbe potuto ripercuotere sulla qualità dei prodotti offerti al consumatore finale. Nella sostanza, le norme sulle “Caratteristiche e requisiti” avevano (ed hanno) lo scopo di consentire la caratterizzazione del cuoio attraverso specifiche prove di laboratorio e la valutazione “dell’idoneità all’uso” mediante il semplice confronto dei risultati analitici con dei valori limite prestabiliti. All’obiettivo di fornire documenti di natura contrattuale in fase di approvvigionamento, si aggiunge quello della tutela del consumatore; le norme, infatti, se da un lato garantiscono la qualità del prodotto dal punto di vista merceologico, dall’altro impongono specifiche restrizioni su alcune caratteristiche eco-tossicologiche tipiche dei pellami.
Nel corso degli anni, oltre che nell’ambito delle forniture di materia prima, tali documenti sono risultati così efficaci da diventare la base delle specifiche di prodotto di grandi aziende, di istituti di certificazione, di strutture appartenenti alla Pubblica Amministrazione, nonché lo strumento tecnico principale per la risoluzione delle contestazioni tra fornitori e utilizzatori del cuoio. Le norme pubblicate in ambito nazionale hanno coperto tutte le destinazioni merceologiche del cuoio. A differenza degli standard internazionali, le norme UNI non si sono limitate alla definizione di “valori raccomandati” utili per la selezione dei pellami (es. EN ISO 14931 “Guida alla scelta del cuoio per abbigliamento”), ma hanno imposto un livello di qualità del prodotto con requisiti più restrittivi e maggiormente rispondenti alla destinazione d’uso finale.
Per quanto riguarda il settore della “pelletteria”, il documento di riferimento è la UNI 10826 “Caratteristiche e requisiti dei cuoi destinati all’industria della pelletteria e degli accessori”. Dopo circa 20 anni dalla data di prima pubblicazione, l’esperienza nell’utilizzo della norma nei contratti di fornitura, nella risoluzione delle contestazioni e l’evoluzione della normazione tecnica nazionale e internazionale, hanno determinato l’esigenza di revisionare il documento originario al fine di risolvere alcune “criticità” che, talvolta, rendevano complicata ed interlocutoria una valutazione univoca della “conformità” del cuoio. Il risultato della revisione è un documento totalmente rinnovato. Nel seguito sono riportate alcune considerazioni sui concetti “chiave”, sottolineando le differenze più importanti con la versione originaria del 2000. Nella UNI 10826:2000 le “caratteristiche fondamentali e complementari” erano suddivise per tipologia di cuoio (pieno fiore, cuoio a fiore corretto, nubuck, scamosciati, croste, ecc), a ciascuna delle quali venivano associati due livelli qualitativi differenti. Praticamente, la valutazione dell’idoneità all’uso non era correlata alla destinazione d’uso finale (es. piccola pelletteria, borsetteria, valigeria, cinture, ecc.), ma poteva essere effettuata esclusivamente sulla base della natura del cuoio (genericamente classificato come “cuoio per pelletteria”), con alcune eccezioni per quelli per “cinturini di orologi”.
Volendo fare un esempio: identificata la tipologia di pellame (es. crosta, pieno fiore, ecc) e fissato il livello qualitativo di riferimento (es. livello 1, ovvero quello delle caratteristiche prestazionali inferiori), erano prescritti i medesimi requisiti sia per “piccola pelletteria” che per articoli di “valigeria”. Questo tipo di classificazione, assieme alla suddivisione in due livelli qualitativi, non ha trovato pieno riscontro con le esigenze sia dell’industria della pelletteria che di quella conciaria. Dal punto di vista normativo, il problema principale era legato all’assenza di un documento riconosciuto in ambito nazionale in cui erano definite e classificate le differenti tipologie di manufatto. Tale questione è stata risolta con la pubblicazione della UNI 11287:2009 (Pelletteria – Glossario) e la successiva revisione del 2020 che ha reso possibile la valutazione delle performance del cuoio così come riportato nella UNI 10826:2020 (Cuoio – Caratteristiche dei cuoi destinati all’industria della pelletteria e degli accessori), cioè per destinazione d’uso del cuoio; in particolare, rispetto alla versione 2012 del glossario, si è anche tenuto conto anche dell’evoluzione dell’articolistica dei prodotti di pelletteria legati, ad esempio, a strumenti elettronici quali smartphone o tablet e le cui prestazioni in certi casi sono più restrittive dato l’uso più intensivo dei dispositivi. Si è quindi creata una corrispondenza diretta tra la categoria dei prodotti di pelletteria ed i requisiti prestazionali richiesti.
Come è attualmente in uso nelle commissioni tecniche internazionali di normazione, per ciascuna categoria merceologica, le caratteristiche e i requisiti sono stati suddivisi in base al tipo di rifinizione, ovvero per cuoi “anilina, semianilina e pigmentati” (definizioni riportate nella UNI EN 15987:2015 “Cuoio – Terminologia – Definizioni chiave per il commercio del cuoio”). L’utilizzo di tale classificazione, oltre che a tenere in considerazione le performance fisiche e meccaniche dei materiali con rifinizione differente, consente l’estensione e la comprensione del documento anche all’estero. Per quanto riguarda la classificazione delle “proprietà” del cuoio, sono state introdotte le definizioni di “caratteristiche essenziali”, “fondamentali” e “complementari”, la cui comprensione è molto importante per la corretta applicazione delle prescrizioni normative. Le caratteristiche “essenziali” sono i parametri eco-tossicologici che devono essere rispettati da tutti i tipi di cuoio, qualunque sia la destinazione d’uso. Le tabelle sui requisiti chimici da un lato tutelano il consumatore sulla presenza di alcune sostanze, dall’altro lato forniscono un elenco delle “sostanze critiche” più rappresentative che possono essere identificate nelle pelli, al fine di limitare richieste di analisi che siano poco o per niente applicabili al cuoio. Sono numerose, infatti, le richieste pervenute ai laboratori di prova di identificazione di sostanze tipiche di altre lavorazioni (es. allergeni o sostanze cancerogene nei coloranti per prodotti tessili) e che non sono presenti nei prodotti usati nel processo conciario.
È ovvio, comunque, che la normazione volontaria non si sostituisce, ma integra, le disposizioni legislative che, laddove presenti, dovranno essere sempre rispettate. Le “caratteristiche fondamentali” sono le prescrizioni sulle proprietà chimiche, fisiche, meccaniche e di solidità del colore che, nell’ambito di ciascuna categoria merceologica, “devono essere rispettate tutte”. Ovviamente per ogni tipo di manufatto sono state previste proprietà specifiche. Generalmente, nel caso di contestazioni e a meno di differenti accordi tra le parti, la valutazione dell’idoneità all’uso si basa sulle prescrizioni riportate nelle caratteristiche fondamentali. Le “caratteristiche complementari”, invece, definiscono i requisiti minimi di accettabilità per destinazioni d’uso particolari. È importante sottolineare la necessità di “accordo” e di “consensualità” nell’utilizzo di tali valori. Nella UNI 10826:2020, inoltre, sono stati chiariti con maggior dettaglio i “confini” di applicabilità della norma. Al di là dell’estensione del “campo di applicazione” ai prodotti finiti ed ai cuoi rivestiti (ovvero quelli caratterizzati da uno strato di rifinizione superiore ai 0,15 mm ma comunque inferiore ad 1/3 dello spessore totale del campione), è stato puntualizzato anche quello delle pelli pregiate (es. rettile, struzzo, pesce, pellicce, ecc), limitato alle sole caratteristiche eco-tossicologiche. In tal modo è stata eliminata una sorgente di incomprensioni tra concerie e clienti, che, in molti casi, richiedono la valutazione della conformità anche su caratteristiche meccaniche e di solidità del colore evidentemente non applicabili su tali tipologie di pellami. Dal punto di vista operativo, per garantire una valutazione più oggettiva dell’idoneità all’uso del cuoio, nella nuova versione della UNI 10826 sono state introdotte numerose indicazioni sulle modalità di campionamento, di condizionamento e di esecuzione delle singole prove di laboratorio.
Non di rado, infatti, l’assenza di indicazioni dettagliate sulle condizioni di prova ha portato ad una serie di problemi di interpretazione dei risultati, principalmente nella risoluzione di controversie. Praticamente, si è cercato di limitare quel contributo alla variabilità dei risultati, correlata all’esecuzione delle prove da parte dei laboratori, che si sarebbe sommata alla scarsa riproducibilità tipica delle analisi sul cuoio. Altri aspetti non marginali sono quelli relativi all’identificazione del campione e all’applicabilità della norma qualora non sia noto il manufatto finale. Nelle contestazioni delle forniture, si sono verificati casi di difettosità legate, ad esempio, a lavorazioni meccaniche eseguite dall’utilizzatore del cuoio (es. riduzione dello spessore) o ad un utilizzo improprio del materiale per destinazioni d’uso differenti. Siamo nell’ambito delle cause non ascrivibili alle aziende fornitrici (concerie o rivenditori di pelle) che commercializzano i pellami senza essere a conoscenza né della effettiva destinazione finale del cuoio né delle trasformazioni subite dallo stesso in fase di manifattura. Di fronte a questioni del genere, diventa pressoché impossibile definire le responsabilità, essendo totalmente assenti le indicazioni necessarie alla valutazione delle caratteristiche del cuoio. Per quanto riguarda l’identificazione del campione, poiché la maggior parte delle proprietà meccaniche sono funzione dello spessore, la conformità alla UNI 10826:2020 deve essere sempre riferita allo spessore del materiale tal quale (ovvero così come fornito dalla conceria). In questo modo, se ci si trova di fronte a campioni con scarse proprietà meccaniche, ma si certifica che lo spessore sul manufatto è inferiore rispetto a quello del cuoio acquistato, si può presumere che le carenze prestazionali siano legate a lavorazioni meccaniche successive ed escludere che dipendano dalla qualità del pellame. È ovvio che l’espressione della “conformità” e dell’”idoneità all’uso” in funzione dello spessore non risolve il problema, ma, almeno, consente una prima identificazione quantitativa del materiale.
La seconda questione considerata è la valutazione della conformità in assenza di dichiarazione della “destinazione d’uso”, situazione piuttosto frequente nei rapporti tra il settore conciario e quello della pelletteria (ma più in generale con tutti gli utilizzatori del cuoio). Nel vecchio documento questo problema non esisteva poiché le caratteristiche ed i requisiti erano suddivisi per tipologia di pellame. Con la classificazione per tipologia di manufatto, invece, l’assenza di indicazioni specifiche avrebbe determinato l’impossibilità di valutare le performance del cuoio. Su indicazione dell’industria della pelletteria, dunque, il Gruppo di Lavoro per la revisione del documento ha deciso di fissare un’unica tabella di riferimento, ovvero quella delle “caratteristiche fondamentali dei cuoi per borse”.
In conclusione, la UNI 10826:2020 rappresenta lo strumento volontario che i settori di riferimento hanno prodotto consensualmente per la caratterizzazione di un livello minimo qualitativo del cuoio per articoli di pelletteria. La revisione completa del documento originario, ovviamente, determinerà la necessità di nuove implementazioni e modifiche per risolvere eventuali carenze che si manifesteranno solo con l’utilizzo della norma. Ad ogni modo, se applicata seguendo i principi e le indicazioni riportate, la UNI 10826:2020 potrà fornire un valido strumento per la gestione e regolamentazione dei contratti di approvvigionamento, per la risoluzione delle contestazioni nonché le specifiche necessarie ai laboratori di prova per una caratterizzazione “univoca” del “prodotto cuoio”.
Articolo a cura dell’Ing. Rosario Mascolo
Coordinatore Dipartimento Sviluppo Prodotto