Caratterizzazione di prodotti chimici conciari in polvere: caso studio le zeoliti – Parte II
Come anticipato nella prima parte del documento, disporre del maggior numero possibile di informazioni sulle particelle di un composto chimico in polvere, consente di prevedere al meglio le prestazioni del materiale.
I minerali sono composti in prevalenza da silicati e non silicati. Quelli più abbondanti in natura sono i silicati con una presenza del 92% e sono classificati in: nesosilicati, sorosilicati, ciclosilicati, inosilicati, fillosilicati e tectosilicati.
I fillosilicati e i tectosilicati sono tra quelli più diffusi e rilevanti. Le zeoliti nello specifico appartengono ai tectosilicati.
Figura 1: classificazione dei silicati primari
La diffrattometria ai raggi X (X Ray Diffraction, XRD) è una metodologia per l’analisi mineralogica di campioni di diversa natura probabilmente tra le più antiche della scienza moderna ed usate preminentemente nel campo geologico/ambientale e tecnologico. L’Analisi XRPD (diffrazione di raggi X su polveri) di minerali, rocce, reperti archeologici e materiali vari, sia naturali che sintetici.
Lo strumento consente l’analisi mineralogica sia qualitativa, che quantitativa su ridottissime porzioni di campioni opportunamente polverizzati. Questa strumentazione potrà essere utilizzata per la determinazione di strutture cristalline, dimensioni e morfologia dei cristalliti e orientazioni cristallografiche, per l’analisi di campioni tal quali.
I raggi X sono costituiti da un ampio spettro di radiazioni elettromagnetiche estremamente penetranti, caratterizzata da lunghezze d’onda, comprese tra circa 10 nm e 0,01 nm.
Quando un fascio di raggi X colpisce un materiale solido a struttura cristallina (ovvero formato da atomi disposti in maniera ordinata secondo un reticolo), provoca la vibrazione degli elettroni che circondano un singolo atomo e comportandosi da dipoli oscillanti, emettono radiazione elettromagnetica di lunghezza d’onda λ in tutte le direzioni. Le onde diffuse possono interferire sia in modo distruttivo che costruttivo; l’interferenza costruttiva avviene in direzioni specifiche, ossia quando i raggi X sono riflessi da una famiglia di piani atomici reticolari paralleli ed equidistanti e consiste nel fatto che i raggi X si rinforzano reciprocamente. Ciò si verifica solo quando la differenza di cammino ottico della radiazione tra piani cristallini adiacenti è pari ad un numero intero di lunghezze d’onda.
La caratteristica principale di un diffrattometro è la sua geometria e la più diffusa è quella Bragg-Brentano; in tale configurazione la sorgente e il rivelatore ruotano simultaneamente intorno al campione che rimane fisso. La rotazione consente di irradiare il campione con angoli diversi e di intercettare il raggio X rifratto ad un angolo di emersione doppio rispetto a quello incidente.
In cristallografia la tecnica permette la definizione delle caratteristiche di reticolo dei materiali cristallini (dai minerali alle strutture proteiche) e la loro classificazione. In pedologia, petrologia e tefrostratigrafia, la caratterizzazione mineralogica è preliminare a qualsiasi tipo di indagine successiva.
Di seguito si riporta il risultato di un’analisi XRD di due zeoliti diverse.
Figura 2: Analisi XRD di zeolite commerciale e zeolite A
Diffusione dinamica della luce (Dynamic light scattering – DLS)
La diffusione dinamica della luce (Dynamic light scattering – DLS), nota anche come spettroscopia di correlazione fotonica (PCS) o diffusione quasi elastica della luce (QLS), è un metodo di spettroscopia utilizzato per determinare la distribuzione delle dimensioni delle particelle (polimeri, proteine, colloidi, ecc.) in soluzione o sospensione. La DLS si basa sul moto browniano delle particelle in sospensione; le particelle più piccole si muovono più velocemente, le particelle più grandi si muovono più lentamente. La luce diffusa da queste particelle contiene informazioni sulla velocità di diffusione e quindi sulla distribuzione dimensionale.
Durante l’analisi un laser fornisce la luce incidente monocromatica che colpisce una soluzione con piccole particelle in moto browniano e poi attraverso il processo di scattering di Rayleigh, particelle le cui dimensioni sono sufficientemente piccole rispetto alla lunghezza d’onda della luce incidente diffrangeranno la luce incidente in tutte le direzioni con diverse lunghezze d’onda e intensità in funzione del tempo. Poiché lo schema di diffusione della luce è altamente correlato alla distribuzione delle dimensioni delle particelle analizzate, le informazioni relative alle dimensioni del campione potrebbero essere acquisite elaborando matematicamente le caratteristiche spettrali della luce diffusa. In un tipico esperimento DLS, la luce di un laser passa attraverso un polarizzatore e quindi incide sul mezzo di diffusione. Quando le dimensioni delle particelle analizzate sono sufficientemente piccole rispetto alla lunghezza d’onda della luce incidente, il raggio si disperderà in tutte le direzioni per un effetto noto come diffusione di Rayleigh. La luce diffusa passa quindi attraverso un analizzatore, che seleziona una determinata polarizzazione, percorrendo il rivelatore.
Il metodo dello Spettro di Potenza (Frequency Power Spectrum – FPS) è diverso: il segnale di intensità del foto-rilevatore viene trasformato matematicamente dalla trasformazione rapida di Fourier in uno spettro di potenza in frequenza e fornisce direttamente una distribuzione delle dimensioni mediante la minimizzazione iterativa dell’errore. La velocità di diffusione del moto Browniano è inversamente proporzionale alla dimensione dp (diametro idrodinamico) delle particelle dato dalla formula:
(k = costante Boltzmann, T = temperatura, η = viscosità)
Il coefficiente di diffusione (D) delle particelle è inversamente proporzionali alla dimensione (dp, diametro idrodinamico) delle particelle secondo la relazione Stokes-Einstein.
Per determinare con precisione la dimensione delle particelle, è necessario conoscere il valore di T (temperatura) e η (viscosità) del liquido.
Figura 3: Analisi DLS di zeoliti con diversa dimensione nanometrica
Articolo a cura dell’Ing. Daniela Caracciolo
Coordinatore tecnico-scientifico Dipartimento Tecnologie per l’Ambiente SSIP